Meno luci accese, ridimensionamento nell’utilizzo di elettrodomestici, riduzione della temperatura per il riscaldamento sono alcune delle misure che dovranno adottare le famiglie da questo autunno per adeguarsi alla minore disponibilità di energia non più sufficiente a soddisfare il livello di bisogno al quale erano state abituate. Non è la prima volta che le famiglie sono chiamate a modificare le proprie abitudini a causa della scarsità di materie prime energetiche. I più anziani ricorderanno le domeniche ecologiche del 1973 durante le quali l’utilizzo delle automobili era vietato a causa della scarsità di petrolio. Qualcuno direbbe che sono corsi e ricorsi storici, sebbene motivati da fatti ed eventi diversi, prima la crisi del petrolio ed ora la crisi del gas, con motivazioni esogene alla realtà italiana ed effetti simili. La crisi energetica del 1973 scaturì dall’embargo del petrolio estratto dai paesi arabi appartenenti all’OPEC per sostenere la Siria e l’Egitto contro Israele che aveva mire di controllo sul Canale di Suez, con l’intento di indebolire le economie dei paesi suoi sostenitori. La guerra del Kippur determinò una riduzione della fornitura di petrolio alle economie occidentali con pesanti conseguenze sopratutto in Italia molto dipendente da questa fonte energetica. I prezzi dei prodotti petroliferi aumentarono di cinque volte influenzando l’aumento generalizzato dei prezzi al consumo.
Rispetto al 1973 gli equilibri geopolitici ed economici sono cambiati: c’è la globalizzazione con un interscambio economico tra i paesi; è stata costituita l’Unione Europea con una moneta e banca comune, la lira è stata sostituita dall’euro; i prodotti energetici sono quotati in un mercato nel quale la presenza fisica non è più necessaria per l’utilizzo delle nuove tecnologie di comunicazione, il gas viene prezzato nella borsa merci olandese tramite piattaforme tecnologiche. In tali mercati operanti in una economia di libero scambio il prezzo viene definito soprattutto dalle aspettative di produzione future, se si prevedono difficoltà nella produzione, il prezzo aumenta perché si presume che chi richieda la merce per soddisfare i propri bisogni sia disposto a pagare un prezzo maggiore essendo la quantità più scarsa di prima. La scarsità del prodotto e l’aumento del prezzo dell’energia inducono le imprese che ne fanno uso a ridurre la propria produzione e ad aumentare il prezzo del prodotto finito se non è più in grado di soddisfare le richieste provenienti dal consumatore finalizzate al mantenimento del livello di benessere. Livello che potrà essere mantenuto solo dal consumatore che disporrà di una quantità di moneta sufficiente a fronteggiare i maggiori prezzi.
Oggi come allora … ma con la differenza che la crisi attuale è stata innescata dal conflitto tra la Russia e l’Ucraina; la Russia per dissuadere i paesi sostenitori di quest’ultima dall’intervenire nel conflitto ha ridimensionato ed ha intenzione di interrompere il flusso di gas estratto nei propri territori ed a loro fornito per indebolirne l’economia come già avvenne in un altro contesto nel 1973. Lo scopo è lo stesso di quello di allora, ma con la differenza che i paesi occidentali sono intervenuti con lo stesso obiettivo vietando a loro volta l’esportazione di tecnologia ed altri beni verso la Russia. Diversamente dagli anni ‘70, nei quali non c’era una globalizzazione ed i paesi OPEC non avevano ulteriori sbocchi commerciali se non quelli occidentali, l’embargo non poteva durare a lungo mentre oggi la Russia, per il suo sostentamento economico, potrebbe rivolgersi a terze economie non coinvolte nel conflitto quali ad esempio la Cina e l’India. Come all’ora, il costo dell’energia aumenta, le imprese si trovano in grande difficoltà sia per la diminuzione della produzione verso la Russia sanzionata e sia per l’aumento dei prezzi dell’energia vedendosi costrette, se possono, a ribaltare l’aumento del costo sui prezzi di vendita alimentando così l’inflazione con effetti dirompenti in tutto il tessuto economico. L’inflazione di beni al consumo corre attualmente intorno al 9% e l’aumento dei prezzi dell’energia elettrica e del gas si è duplicato o triplicato. Differentemente da allora, all’aumento generalizzato dei prezzi concorre anche la concomitanza del cambiamento climatico quale la siccità che riduce i raccolti ad un livello inferiore a quanto richiesto dai consumatori aggravata dalla dipendenza dell’Italia dai mercati esteri. Gli esercenti del commercio, le imprese di somministrazione, le strutture ricettive, le imprese energivore, gli enti locali stanno soffrendo avendo difficoltà nel far quadrare i conti. Tutte le imprese si trovano in una situazione nella quale ricercare nuove fonti energetiche e nuovi sbocchi di vendita in tempi brevi per poter sopravvivere. Le nuove fonti energetiche quali quelle green non sono ancora sufficienti per la mancanza di impianti ed a volte con una tecnologia non ancora affidabile, quelle fossili non sono disponibili per la mancanza di siti estrattivi e le difficoltà di riattivare i giacimenti dismessi, la diversificazione delle forniture di gas non è possibile in tempi brevi per la mancanza di impianti fissi quali i gasdotti o mobili quali i gassificatori navali. Occorre del tempo per arrivare ad una riconversione o diversificazione tecnologica e di fornitura che garantiscano le stesse quantità di energia in grado di mantenere lo stesso livello di benessere esistente prima dell’attuale guerra in Europa e del periodo pandemico durante il quale il tessuto economico è stato indebolito dalle chiusure forzate di aziende e dai divieti di circolazione imposto ai cittadini.
L’economia si trova nel bel mezzo di un processo di ristrutturazione non ancora definito nel suo percorso. La politica europea per sostenere il disagio della popolazione è orientata ad agire:
- sulle quantità energetiche proponendo risparmi nell’uso di macchinari assorbenti energia, richiedendo maggiori quantità di gas a fornitori diversi dalla Russia, installando sistemi di immagazzinaggio di gas; mentre nel medio periodo: incentivando l’installazione di impianti di fonti energetiche green e/o nucleari, aprendo le centrali a carbone o altre siti estrattivi (gas, geotermia);
- Sui prezzi imponendo:
- prezzi controllati sul gas e sulle fonti energetiche diversificate in base alla produzione green o fossile,
- la diminuzione delle imposte indirette (iva ed accise),
- la centralizzazione degli acquisti di energia con la speranza di spuntare sconti sul prezzo che altrimenti non si otterrebbero con quantità inferiori;
- sugli extra profitti ottenuti dalle imprese che si sono avvantaggiate dalla crisi con una loro redistribuzione a favore delle categorie svantaggiate;
- Sugli aiuti finanziari ai soggetti più colpiti dalla crisi concedendo:
- e/o prestiti agevolati,
- e/o bonus monetari,
- e/o crediti d’imposta.
Tutti interventi che dovranno trovare la loro copertura nel risparmio di spesa, nella ridistribuzione dei redditi, nel maggior debito nazionale ed europeo stando attenti però a non gravare le generazioni future di un debito insostenibile non ripagato da una maggiore produttività perché altrimenti si rischia di cadere in stagflazione – inflazione unita a recessione.
Gli aiuti hanno lo scopo di sostenere l’economia fintantoché non sarà stabilizzata ed alimentata dalla stessa quantità di energia che i paesi europei ricevevano prima dell’inizio della guerra e prima del periodo pandemico. Quantità che dimostrano una grande dipendenza dei paesi appartenenti alla zona Euro da fonti energetiche esterne valutate in circa 3 volte la produzione (produzione 435 e consumo 1237 Mln di TEP- tonnellata equivalente di petrolio) tra cui l’Italia 5 volte (produzione 35 e consumo 170 TEP) di cui verso la Russia la quota più importante; con un numero limitato di paesi produttori ed esportatori di energia, come l’Algeria ed il Venezuela (produzione 174 e consumo 59 e 69) e la stessa Russia (produzione 1492 e consumo 794) ed altri paesi quasi in pareggio energetico come gli Stati Uniti (produzione 2125 e consumo 2500 TEP) Fonte “The Economist Internazionale – Il Mondo in cifre 2020”.
Con questi dati la politica di sostituire il gas russo con altri fornitori sembra un’azione difficoltosa da attuare alle stesse condizioni (quantità e prezzi) che l’Europa aveva concordato prima della pandemia:
- per la limitatezza sulle quantità disponibili,
- per i maggiori costi di trasporto nel momento nel quale non ci si avvale di infrastrutture fisse,
- ed … infine per la minor forza contrattuale che ha l’Europa nella definizione del prezzo dovuta alla situazione di necessità contingente alla cui sfida si è fatta trovare impreparata non avendo elaborato una adeguata strategia preventiva.
Gli interventi di limitazione sugli attuali prezzi e gli aiuti finanziari sono utili se saranno in grado di sostenere i disagi a cui andranno incontro le famiglie e le imprese fintantoché la quantità di energia non verrà stabilizzata allo stesso livello ed agli stessi prezzi che c’erano prima della pandemia perché non venga ridotto il livello di benessere.
Questo dipenderà dalla durata di questo periodo transitorio e dalla capacità che il sistema paese avrà di resistere alla crisi facendo ricorso ai risparmi presenti e futuri. Fondamentale sarà la capacità dello Stato di attivare tutte quelle azioni per dotarsi di strutture in grado di raggiungere l’indipendenza energetica da altri paesi essendo la situazione attuale forse più preoccupante di quella passata perché il gas non venduto all’Europa dalla Russia può trovare paesi disposti a comprarlo per cui quest’ultima potrebbe essere del tutto indipendente dal mercato europeo mentre l’Europa, per ora, non lo è dalla Russia. La soluzione andrà ricercata politicamente in quanto le leve economiche e finanziarie hanno una capacità limitata negli importi e nel tempo. Si sta affrontando un periodo incerto che sarà caratterizzato da una riduzione del livello di benessere e di minore ricchezza se non sostenuto da azioni ed investimenti in grado di bilanciare le perdite con una produttività ed efficienza durature ed accompagnate da una articolata mediazione e trattativa con tutti gli attori coinvolti nella crisi per concordare nuovi assetti geopolitici. Si spera che la saggezza, la competenza ed il realismo dei nostri governanti ripercorrano l’esperienza acquisita negli anni settanta evitando però gli errori commessi dai politici di allora. Nel frattempo per fronteggiare la crisi di produzione energia stanno nascendo e diffondendosi comunità energetiche assimilabili alle cooperative del primo 900 attraverso le quali un gruppo di persone metteva insieme le loro forze per dividersi in modo mutualistico i benefici. Benefici che nelle comunità energetiche riguardano l’autoconsumo di energia prodotta da impianti da fonti green gestiti in comune. Proprio a Verona troviamo precursori di questo modello di Business nelle società ForGreen Life spa e ForGreen spa SB gestite da Germano Zanini che da diversi anni promuove la costruzioni di impianti di produzione EE da fonti solari, eoliche, idriche per poi darli in gestione alle comunità energetiche composte sia da cittadini, Enti Pubblici, imprese.