Dott. Amicucci, sentiamo parlare spesso di digitalizzazione, senza pensare forse che siamo di fronte a un passaggio storico epocale.
Certo, la digitalizzazione è una delle più grandi rivoluzioni della storia dell'uomo, come lo è stata la scrittura, come lo è stata la stampa, poi la radio e la televisione. Oggi quella che viviamo è forse la più grande rivoluzione della storia dell'uomo e quindi siamo di fronte a un nuovo imparare a leggere e scrivere. Vale per i cittadini, vale per le famiglie, è importantissimo per le imprese perché è uno dei fattori strategici dell'informazione e della competitività del nostro futuro.
Lei per fare questo ha fondato Skilla. Ce ne parli come è arrivato a fondare questa realtà e soprattutto qual è l'obiettivo?
È nata dalla mia esperienza di formazione in tanti campi, ho attraversato diversi mondi nel campo della formazione agli inizi degli anni 2000 dopo un'esperienza come docente nel consorzio universitario Nettuno, che si ricorda erano le lezioni di notte che andavano su Rai2 o Rai Nettuno. Da quell'esperienza televisiva è nata l’idea di fondare una società per offrire una nuova modalità di apprendimento. Adesso abbiamo un comitato scientifico con trenta cattedre universitarie che si occupano di educazione mediale, dell'educazione con i nuovi media per i ragazzi, ma soprattutto per il mondo del lavoro.
Finora la formazione l'abbiamo identificata nel momento della scuola o di qualche corso che si fa in azienda. Quello che noi stiamo affrontando è un mondo nuovo, la formazione è tutti i giorni, è continua: questo concetto che l'Europa ci ha dato già da Lisbona 2000 che dice che la formazione è formale nella scuola e nella formazione professionale, ma diventerà sempre più informale nella quotidianità, perché siamo immersi in un mondo pieno di informazioni, di opportunità di apprendimento che le persone devono saper cogliere. E questo anche le imprese. Ecco allora che la cultura digitale è proprio l'elemento competitivo del nostro futuro. Purtroppo in Italia siamo agli ultimi posti in Europa, per due motivi: uno, siamo il paese più anziano ormai, questo è un problema e quindi si lega molto al tema delle generazioni; e l'altro, proprio come fattore anche culturale, c'è un po’ di resistenza. Anche per questo la nostra attività punta a creare una rete molto diffusa in Italia di esperti e di formatori, anche nelle aziende, attraverso strumenti molto semplici che possono essere anche delle app e dei tutorial. Perché la semplicità è alla base della formazione quando vogliamo fare una formazione che coinvolga milioni di persone. Abbiamo realizzato dei nuovi linguaggi che riprendono linguaggi del web, quindi cartoni animati, tutorial, produzioni televisivi…
Lei ha scritto e pubblicato un libro lo scorso luglio dal titolo “Apprendere nell’infosfera esperienziale, nuove frontiere della conoscenza”. Che rapporto deve esistere secondo lei in questo momento storico tra mondo analogico e digitale, qual è la proporzione tra i due e dove si sta andando?
Finora abbiamo definito questo nuovo mondo come un mondo separato, c'è una parte fisica, il libro, e l'aula scolastica ad esempio, e una parte digitale, il web. Il concetto di infosfera, invece, che nasce con studiosi negli anni ‘70 e ‘80 e più recentemente col filosofo Luciano Floridi, spiega come ormai il fisico e il digitale sono compenetrati, perché le aule scolastiche, i momenti di formazione che si fanno, sono già pieni di digitale, ma anche il digitale deve avvalersi di macchine, deve avere le isole dove sono depositati i server quindi c’è anche un concetto di fisicità.
È corretto parlare di mondo integrato, o meglio di ibridazione fisico-digitale, e questo richiede per gli insegnanti, i docenti, i formatori, i genitori, i ragazzi che studiano, una nuova mentalità.
A proposito di ragazzi giovani, le generazioni cosiddette Z o le generazioni Alpha, che sono proprio i bambini stanno crescendo, sono immersi in un ambiente quasi esclusivamente digitale. Che scenario prevede per queste generazioni, che tipo di opportunità o di rischi corrono?
Partiamo dalle opportunità: sono quelle di una generazione flessibile, che sa e saprà rapidamente adattarsi in un mondo che sarà sempre più veloce nei cambiamenti. I rischi sono quelli che stiamo già vedendo, di problemi di attenzione, di pensiero critico, di concentrazione e di perdita della manualità. Per questo mentre oggi viene proposto di inserire la filosofia negli Its e negli istituti tecnici che sono d'accordissimo, però mi piace anche proporre il lavoro manuale nei licei classici.
Per concludere, torniamo al mondo aziendale. Che consiglio darebbe a un imprenditore che è all'anno zero da punto di vista della digitalizzazione?
Tre consigli: il primo, partire da lui è fare un po’ di aggiornamento personale e in questo le associazioni imprenditoriali e sportive, che sono moltissime, possono dare una grossa mano. E poi ci sono due livelli di intervento, il primo riguarda i gruppi dirigenti: non esiste nessun cambiamento possibile in un'azienda se il gruppo dirigente non ne è convinto. Non può essere un singolo lavoratore che attiva il cambiamento. Ma poi c'è anche un saper fare, una saper usare gli strumenti, e quando si hanno 40, 50, 60, anni spesso non è facile. Però ormai il cambiamento coinvolge tutti, anche chi ha 80 anni e bisogna affrontarlo.
Il secondo livello è quello di intervenire su tutti i lavoratori, e come si fa? Il primo passo che noi abbiamo fatto, tra l'altro con un’esperienza nazionale pilota in Confindustria Verona una decina d'anni fa, fu con un progetto dove mettemmo insieme 20 giovani con 20 dirigenti senior, dove l'insegnante non era il dirigente più maturo verso i giovani, ma il giovane più stabilizzato in campo digitale che insegnava con la modalità del Reverse mentoring. Questo tipo di incontri tra generazioni sarà una fertilizzazione del nostro futuro.
Ci sembra di capire che lei vede in ogni caso il bicchiere mezzo pieno, è un ottimista.
Nella storia abbiamo visto tantissime rivoluzioni, tantissimi cambiamenti epocali, pensiamo solo all'epoca in cui è stata introdotta la stampa, con Gutenberg: una conoscenza elitaria che poi è diventata di massa. Da lì nasce l'industrializzazione. Questa è una rivoluzione è superiore a quella della stampa. Noi da qui ai prossimi anni avremo dei grandissimi cambiamenti, dobbiamo prepararci. Ma quale sarà il futuro dipende da noi. Il futuro dipende dagli uomini.